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20 novembre 2009

VERITA' E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI

Stefano Cucchi, un ragazzo romano di 31 anni, arrestato per possesso di droga dai Carabinieri la notte del 16 ottobre, mentre passeggiava con il cane, e arrivato con gli occhi tumefatti al processo del giorno dopo, è stato dichiarato morto il 22 ottobre nel reparto penitenziario dell’ospedale Pertini di Roma. Sul corpo di Stefano sono state riscontrate numerose lesioni e fratture: alle vertebre, al coccige, alla mandibola. A Stefano, che soffriva di epilessia, è stato negato per giorni il contatto con i familiari. Adesso, dopo aver nascosto ciò che stava succedendo, si rimpallano le responsabilità tra Carabinieri e Polizia Penitenziaria. I ministri difendono “l’onore” dell’istituzione di cui ciascuno è a capo, politici e mass media parlano di “schegge deviate”, il coro unanime e ipocrita è “fare chiarezza”. La verità che noi sappiamo è che Stefano è morto, dopo giorni di sequestro da parte dei corpi repressivi dello Stato democratico e che è stato strappato alla vita e alle persone a lui care.
Sappiamo che una cosa analoga è successa a Federico Aldrovandi, morto per le violenze subite in un fermo di polizia a Ferrara il 25 settembre del 2005, quando stava tornando a casa, e a Gabriele Sandri, ucciso con un colpo di pistola in un autogrill l’11 novembre 2007 da un agente della Polstrada di Arezzo, mentre andava a vedere una partita di calcio. E’ questa la sicurezza di cui straparlano Berlusconi e Maroni, La Russa e Calderoli? Essere uccisi mentre si vive la vita di tutti i giorni? L’onnipresenza di polizia, carabinieri e soldati non ci rende più sicuri, basti pensare a come camorra e mafie spadroneggiano, ma è un’ulteriore fonte di pericolo per la vita e la libertà di tutti noi. E’ quello che succede quotidianamente a tante donne e uomini immigrati, resi “clandestini” dalle leggi dello Stato, lasciati morire nei mari, respinti verso i campi di prigionia di Gheddafi, perseguitati quotidianamente mentre vanno o tornano dal lavoro, nelle loro stesse case, indifesi e spesso impossibilitati a denunciare le aggressioni che subiscono da gruppi razzisti.
Vogliamo verità e giustizia per Stefano Cucchi; sappiamo che per questo c’è bisogno di costruire solidarietà. Quel tanto di verità che sappiamo sull’uccisione di Federico Aldrovandi e di Gabriele Sandri e quel poco di giustizia che è stata fatto (pene di pochi anni, colpevoli a piede libero o addirittura ancora in servizio) è stato grazie all’impegno di familiari e amici e alla solidarietà di persone che si sono unite a sostenerne le legittime richieste e malgrado i mille ostacoli posti dalle istituzioni.
Vogliamo costruire solidarietà umana per difendere e affermare la vita e la sicurezza di ogni persona, per conquistare spazi di libertà. E’ possibile farlo solo in prima persona, smettendo di delegare a uno Stato democratico che, per sua natura, intende la sicurezza come razzismo, arbitrio anche omicida verso le persone e impunità verso la criminalità dei potenti. È possibile farlo unendoci nelle scuole, nelle facoltà e nei quartieri in cui viviamo per renderli migliori, migliorando noi stessi, imparando a costruire relazioni di amicizia e accoglienza, di solidarietà e rispetto reciproco, imparando a difenderci dai soprusi e dalle discriminazioni di ogni tipo.

COMITATI SOLIDALI E ANTIRAZZISTI DAPPERTUTTO

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